IN MIGLIAIA A DERRY PER LA MARCH FOR JUSTICE

Sullo stesso percorso seguito dalla marcia di quarant’anni fa, oggi – 29 gennaio – circa tremila persone (come riportato dal più benevolo dei media, ma le statistiche “ufficiose” parlano di 7000 presenze) sono scese di nuovo per le strade di Derry a chiedere ad una sola voce quella giustizia che ancora è negata alle vittime della Bloody Sunday
Dopo le epocali scuse del Primo Ministro britannico David Cameron, in seguito alla pubblicazione del Saville Report, quell’unica parola sullo striscione del 30 gennaio scorso – Vindicated, vendicati – sembrava aver detto tutto: ma per alcune delle famiglie delle vittime le semplici scuse non sono abbastanza, e hanno scelto di marciare ancora, finché non ci sarà giustizia: finché i soldati che il 30 gennaio 1972 si macchiarono di omicidio di massa di civili innocenti non saranno processati e condannati.
E ancora una volta, la gente di Derry è stata al loro fianco: “Sono felice del seguito che abbiamo avuto” ha dichiarato Kate Nash, che quel giorno ha perso il fratello William, allora diciassettenne, e che insieme alla sorella Linda ha organizzato la March for Justice. “Ma anche se ci fossimo state solo io e mia sorella, avremmo comunque avuto il diritto di marciare. Questa è democrazia”.
“Non c’è stata nessuna frattura fra noi e le altre famiglie, non abbiamo litigato e siamo ancora amici. Abbiamo solo preso strade diverse”, continua, commentando la decisione di altre famiglie di non prendere parte alla marcia. “Noi continueremo a marciare finché i soldati non subiranno un processo, ma al di là di questo questa è una marcia unica e deve continuare per tutti coloro che stanno cercando giustizia”.
“Per giustizia intendiamo un procedimento giudiziario” ribadisce Micheal Bridge, rimasto ferito durante la sparatoria. “E non c’è mai stata nessuna garanzia che ne verrà istituito uno. Siamo qui per questo”.
Per Micheal McKinney, che come Kate e Linda Nash piange un fratello, la marcia è “una piattaforma per chi vuole protestare contro ingiustizie o problemi sociali, un’unica opportunità di far ascoltare la propria voce”.
La folla, che ha sfidato la pioggia e il gelo per marciare, era guidata da una donna che portava una corona di fiori con il numero 14, a simboleggiare le vittime della strage. Dietro di lei, i membri delle famiglie reggevano lo striscione con la scritta March For Justice, e li seguiva una fila di quattordici bandiere nere, a ricordare Patrick (‘Paddy’) Doherty (31), Gerald Donaghy (17), John (‘Jackie’) Duddy (17), Hugh Gilmour (17), Michael Kelly (17), Michael McDaid (20), Kevin McElhinney (17), Bernard (‘Barney’) McGuigan (41), Gerald McKinney (35), William (‘Willie’) McKinney (26), William Nash (19), James (‘Jim’) Wray (22), John Young (17) e John Johnston (59) che morì qualche mese dopo a causa delle ferite riportate.
“La mancanza di giustizia è ingiustificata ed ingiustificabile” sono le parole di Kate Nash, eco di quelle di David Cameron, mentre per prima parla alla folla e commossa ringrazia per il sostegno, chiedendo poi giustizia anche per Marian Price e Martin Corey. “La prigione è già una punizione sufficiente, tutto il resto è tortura”.
L’ha seguita Liam Wray, che ha perso il fratello James, ricordando alla folla che non si trattava di un evento politico: “Chiediamo uguaglianza per le vittime. Ci sono ancora innumerevoli famiglie in tutta l’Irlanda del Nord che aspettano giustizia, risposte, riconoscimenti, equità. Perché i politici di Stormont non hanno insistito per un procedimento giudiziario dopo che il governo inglese ha dichiarato le vittime innocenti?” è poi la domanda centrale, quella che ha portato tremila persone a marciare dietro a quello striscione.
Doveroso, infine, il tributo a Ivan Cooper, attivista per i Diritti Civili che quarant’anni fa organizzò la marcia, a cui Kate Nash ha donato una bandiera della Bloody Sunday.
In chiusura, è stato Paddy Nash a dirigere la folla nel canto che più di tutti è simbolo della lotta per i diritti civili, e a gran voce ha risuonato: We shall overcome, someday.
Galleria fotografica
da Newswire Derry e Facebook (fonte 1 e fonte 2)
è importante non dimenticare, è fondamentale pretendere giustizia.
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al fianco di quelle persone che nel nome della giustizia,ancora oggi,dopo 40 anni,pretendono di sapere i nomi e di vedere condannati,i colpevoli di tanta ferocia gratuita.40 anni di menzogne contro 40 anni di marce!se anche noi italiani avessimo il coraggio di questa gente,di sicuro potremmo dire la nostra sul nostro paese ormai ridotto ad 1 cumulo di macerie,da 1 classe politica indegna e corrotta.italiani,come la gente di derry SVEGLIA!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
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