STRAGE DI BALLYMURPHY. NON SI FERMA LA CAMPAGNA PER LA GIUSTIZIA

A quarant’anni dal massacro, i familiari delle vittime cercano un colloquio con il Primo Ministro britannico: “Vogliamo parlare con chi detiene il potere, e quella persona è David Cameron”
Agosto 1971, Ballymurphy, West Belfast. In tre giorni di proteste contro l’introduzione dell’internamento senza processo, il Reggimento Paracadutisti dell’Esercito Britannico – lo stesso che agì a Derry l’anno seguente – aprì il fuoco sui civili, uccidendo dieci persone tra cui un prete e una madre di otto figli.
Come in seguito al Bloody Sunday di Derry, l’Esercito insiste di aver risposto al fuoco dei paramilitari repubblicani: le famiglie però hanno un’altra verità a cui tentano di dare voce da quarant’anni, come ricorda John Teggart, che a Ballymurphy ha perso il padre: “Sono passati quarant’anni, e non c’è stata alcuna inchiesta da parte della polizia. Deve esserci, e dev’essere indipendente. Devono occuparsene le persone giuste, in accordo con le famiglie. Vogliamo avere un colloquio diretto con David Cameron a questo proposito”.
Non è la prima volta che i parenti delle vittime di Ballymurphy fanno sentire la propria voce: avevano richiesto che il caso fosse trattato dalla Saville Inquiry insieme al Bloody Sunday, ma il Northern Ireland Office ha escluso che per questa inchiesta potesse venire istituito un tribunale affine al Bloody Sunday Tribunal.
Lo scorso Novembre, tuttavia, il Procuratore Generale John Larkin ha annunciato che verranno aperte nuove indagini: “un grande passo avanti” secondo le famiglie, che però hanno ribadito la loro intenzione di proseguire la campagna finché non otterranno un’inchiesta indipendente sulla morte dei loro cari.