“SONO UN DISSIDENTE”, ANTHONY McINTYRE
Editoriale di Anthony McIntyre sull’uso e l’abuso del termine dissidente attribuendo senza timori responsabilità per il ‘deviato’ significato dato al termine, dallo Sinn Fein e dai Media
Sono un dissidente e lo sono stato per molto tempo. In quanto tale, pensavo che Gerry McGeough mostrasse troppa sensibilità quando sembrava risentito per essere stato descritto in quel modo da Mairtin O Muilleoir. In un pezzo molto quotato del blog dell’Andersonstown Newsgroup si parla del procedimento contro McGeough:
“Gli sforzi vendicativi per portare il dissidente repubblicano Gerry McGeough in galera per un attacco condotto dall’IRA una vita fa è uno dei peggiori atti dei burocrati della sicurezza. È strano che chi denuncia i massacri di civili da parte dell’esercito britannico sia liquidato dicendo che vive nel passato, mentre si usano enormi risorse per mettere Gerry McGeough dietro le sbarre in connessione con un incidente avvenuto in quello stesso periodo buio. Quando il processo a McGeough inizia il 1 Novembre, non sorprendetevi nel vederlo collassare velocemente. È comprovato che mentre negli anni settanta bastavano casi con prove ridicole per imprigionare i repubblicani grazie al nastro trasportatore di Castlereagh e alle corti, le cose si sono ora considerevolmente ristrette. Vedremo”.
Fu un commento abbastanza gentile da parte di O Muilleoir, in precedenza bastonato da McGeough nel corso di un dibattito in tv con domande sulla policy e su chi in un momento di risentimento poteva essere stato tentato di lasciar bollire gli avversari in un brodo mescolato dalle forze delle teorie politiche del Nord.
McGeough non è il solo a sentirsi gravato dal termine “dissidente” che gli viene appioppato. Marian Price, recentemente intervistata da Steve Nolan, ha detto di non capire e di non digerire bene il termine.
La ragione per cui McGeough è irritato – come lo è anche la Price – è che, anche se in genere vedono bene gli interventi di O Muilleoir, nel periodo dopo Omagh il processo di emarginare ogni pensiero alternativo repubblicano ha acquisito una nuova dinamica. Tutti i repubblicani di opposizione, anche quelli strenuamente contro la lotta armata, sono stati messi in un unico calderone contro cui si è sviluppato un discorso molto concentrato e volubile. Al centro c’era il termine ‘dissidente’ , che ha preso il significato nuovo di immerso nella violenza politica. Il dissidente non era più una figura eroica del folklore internazionale, armato solo della sua voce che si sarebbe fatta sentire oltre i venti urlanti che spazzavano il Gulag. Quell’immagine è stata rimpiazzata dal discepolo analfabeta della violenza, la cui unica parola era ‘bang.’ Non essere d’accordo con il Sinn Fein diventa sinonimo di essere uno degli attentatori di Omagh o una mina vagante, come il leader del Sinn Fein una volta ha descritto quelli che mettevano in dubbio la sua versione dei fatti sulla circoscrizione di West Belfast.
Lo Sinn Fein, che ha incoraggiato una descrizione del genere dei repubblicani critici verso il partito, non era da solo. I media hanno avuto un ruolo fondamentale, i cui effetti si sentono ancora oggi e che hanno messo in moto il radar della difesa di Gerry McGeough.I dissidenti sono diventati indivisibili dai deviati.
Eppure se qualcuno volesse intraprendere una guerra di termini, potrebbero plausibilmente contendere il titolo di devianti dal repubblicanesimo che si trovano nello Sinn Fein e non tra i ranghi dei dissidenti.
Come abbiamo visto, non c’è fretta per i media di parlare dello Sinn Fein come repubblicani devianti. Hanno avuto una buona strategia nella loro separazione in termini dai repubblicani cattivi.
E ha funzionato. Ma può anche essere smontato. In occasione di un dibattito sul repubblicanesimo alla Oxford University con Danny Morrison, sono stato avvicinato da un israeliano che era nel pubblico che ha fatto il punto di come fino ad allora non aveva avuto idea che ci fossero dissidenti repubblicani che non sono contro il processo di pace, ma anche contro l’uso della forza come mezzo per superare i problemi del processo di pace.
Il commento di O Muilleoir non mi ha colpito come pensato nello specifico per etichettare McGeough quale paladino della lotta armata. È possibile che O Muilleoir non abbia esplicitamente associato Gerry McGeough con la violenza politica repubblicana, visto che c’è comunque un tacito assunto dietro la parola ‘dissidente’ così da provocare danno con il solo uso del termine. Una parola che porta automaticamente ad un’associazione di idee senza che ci sia bisogno di menzionare un’altra parola: dissidente uguale repubblicanesimo armato.
Il contorno della questione mostra che si lotta con le parole e i termini proprio come si fa per un territorio in una battaglia fisica. La lingua è usata per dare una posizione e per dare o togliere legittimità. Non c’è assolutamente nulla di sbagliato nel dissentire dagli accordi politici nel Nord. I repubblicani sono stati dissidenti a lungo su tale questione.
Oggigiorno, in Irlanda un repubblicano è per definizione un dissidente. I repubblicani dissentono dalla legge britannica invece che cercare di sostenerne l’amministrazione. Repubblicano Dissidente – da indossare come un badge di riconoscimento.
(Traduzione a cura di Valentina Prencipe)
I am a Dissident (The Pensive Quill)
I am a dissident and long have been. As such, I felt Gerry McGeough displayed too much sensitivity when he took umbrage at being described in that manner by Mairtin O Muilleoir. In a widely quoted blog piece the Andersonstown Newsgroup mogul hit out at the prosecution of McGeough.
the vindictive efforts to railroad dissident republican Gerry McGeough into jail for an IRA attack carried out a lifetime ago smacks of the worst actions of securocrats. How strange that anyone who raises the slaughter of civilians by the British Army is dismissed as living in the past while enormous resources are deployed to put Gerry McGeough behind bars in connection with an incident from those same dark days. When Mr McGeough’s trial starts on 1 November, don’t be surprised if it collapses swiftly. All the evidence is that while paper-thin cases were sufficient to imprison republicans in the seventies along the conveyor belt of Castlereagh and courts, things have tightened up considerably since then. Let’s see.
It was a gracious enough comment from O Muilleoir who had previously been mauled by McGeough during a televised debate on the policing question and who in a fit of pique may well have been tempted to let his adversary stew in a juice brewed by the forces of political policing in the North.
McGeough is hardly alone in feeling aggrieved by having the term ‘dissident’ appended to them. Marian Price, recently interviewed by Steven Nolan, said she neither understood nor welcomed the term.
The reason for McGeough being irritated – the same for Price – while generally welcoming the O Muilleoir intervention is that post-Omagh the process of marginalising any alternative republican thought acquired a new dynamic. All oppositional republicans, those implacably opposed to armed campaigning included, were lumped into one camp against which a very focused and voluble discourse developed. At its core was the term ‘dissident’ which acquired an inflection all of its own, one immersed in political violence. No longer was the dissident the heroic figure of international folklore armed only with his voice which would make itself heard above the howling winds that swirled throughout the Gulag. That image was displaced by the inarticulate disciple of violence whose only word was ‘bang.’ Disagree with Sinn Fein and you suddenly became an Omagh bomber or fellow traveller as the Sinn Fein leader once took to describing those who challenged his version of events in his own West Belfast constituency.
Sinn Fein, who encouraged such a depiction of its republican critics were not without company. The media played a substantial role, the effects of which are still with us today and which have set Gerry McGeough’s defence radar pulsating. Dissident came to be indivisible from deviant.
Yet, if someone wanted to get into a terminological war they could plausibly contend that the deviants from republicanism are to be found in Sinn Fein and not within the ranks of the dissidents. As we have seen, there is no rush in the media to refer to Sinn Fein as deviant republicans. They have been strategic in their terminological separation of good republican from bad republican.
And it has worked. But it can also be undone. On one occasion having just debated republicanism at Oxford University with Danny Morrison, I was approached by an Israeli from the audience who made the point that up until then he had no idea that that there were republican dissidents who not only dissented from the peace process but also from the use of force as a means of dealing with the problems of the peace process.
The O Muilleoir comment did not strike me as specifically designed to label McGeough an advocate of armed force. Now, it may well be that O Muilleoir didn’t have to explicitly associate Gerry McGeough with republican political violence. Because there is an unspoken assumption flowing from the term ‘dissident’ the damage can be inflicted by mere dint of its usage. One word instantly leads to word association without the need to mention another word: dissident equates with armed republicanism.
The framing of the issue shows how words and terms are fought over in the same way that territory is in a physical battle. Language is used to position and confer or deny legitimacy. There is absolutely nothing wrong with dissenting from the political arrangements in the North. Republicans were long dissidents in that respect.
A republican in Ireland today is by definition dissident. Republicans dissent from British rule rather than seek to bolster up its administration. Dissident republican – wear it like a badge.