LA BREXIT E IL FANTASMA DEL PASSATO DEL NORD IRLANDA

Editoriale di Robert Fisk per Counterpunch
Guardando l’operetta che è la Brexit da molto lontano, non posso che ricordare i miei giorni come corrispondente da Belfast per il Times. I primi anni ’70 furono fra i più terribili, violenti e pericolosi in Nord Irlanda. Ma quello che più mi colpiva non erano le battaglie fra l’esercito e l’IRA e gli innocenti che entrambi uccidevano, ma la oscura presenza dei paramilitari Protestanti vestiti di marrone.
Non era l’uniforme della cosiddetta Ulster Defence Association a preoccuparmi tanto, e nemmeno i sadici massacri di Cattolici, con o senza l’aiuto delle cosiddette “forze di sicurezza” britanniche. No, era l’inquietante, vergognoso modo in cui i politici unionisti, ben istruiti e costituzionalisti coesistevano con questi teppisti, sostenendoli con discorsi sul welfare settario, disconoscendo la loro violenza con il dovuto orrore per poi basarsi sulla paura che essi creavano per mantenere il sostegno della comunità Protestante.
Non sto facendo un diretto parallelismo con gli odierni membri del Democratic Unionist Party, anche se il loro settarismo e la loro avidità potrebbero rendere questo parallelismo fin troppo pertinente. Voglio, piuttosto, sottolineare il fatto che gli eletti rappresentanti della politica nordirlandese erano pronti, quasi mezzo secolo fa, a sfruttare un bigottismo razzista; e oggi, a Westminster, i nostri legalmente eletti – e in molti casi profondamente ben istruiti – membri del Parlamento pro-Brexit cavalcano l’onda delle idee razziste e anti-immigrazione dell’estrema destra.
I Protestanti del Nord Irlanda hanno perfezionato la loro tecnica teatrale più che bene negli anni ’70. Qualcuno chiedeva “un Ulster indipendente” (una specie di ‘Ulsterexit’ ancora più assurda di quella britannica che a quanto sembra siamo costretti a sopportare oggi), sfoggiavano la Union Jack, chiedevano di essere chiamati “lealisti” e minacciavano il governo di intraprendere la strada della violenza se non avesse tagliato tutti i ponti con la Repubblica d’Irlanda. Ricordo che talvolta ammiravo quella piccola minoranza di cittadini britannici che erano pronti a gridare il loro scherno al potente governo di Westminster che, con un’impostazione molto alla scuola pubblica inglese, impose un diretto controllo coloniale sul Nord Irlanda nel 1972.
Ma quell’ammirazione era un lusso. Ciò che successe in realtà era estremamente spaventoso. C’erano, a tutti gli effetti, tre livelli di vita politica nel Protestantesimo dell’Ulster dei primi anni ’70. Per primi c’erano i politici unionisti ufficiali e i membri del Parlamento nordirlandese che giuravano lealtà alla Corona, adoravano la madrepatria che sosteneva il loro stato fantoccio Protestante e anti-Cattolico, e che condannavano la “violenza terroristica” dell’IRA e nel contempo “lamentavano” gli omicidi riconducibili ai paramilitari Protestanti. C’era gente come Brian Faulkner, un Primo Ministro unionista che continuava a ribadire che Belfast è britannica quanto Manchester o Bristol (questo, a dire il vero, è falso, in quanto il Nord Irlanda è una provincia UK e non è mai stato costituzionalmente parte della Gran Bretagna – Theresa, La prego, prenda nota – e che la sua gente (la maggioranza Protestante, ovviamente) aveva il diritto di mantenere la cittadinanza britannica.
Questi politici formavano quella che potremmo chiamare una leadership “moderata”. Inquietati dai politici settari di terz’ordine, i Faulknerites potevano passare come politici forti, di destra ma relativamente ragionevoli quando si recavano a Londra. Alcuni, dopotutto, mantenevano un seggio a Westminster. I loro timori di un’unione forzata con la Repubblica d’Irlanda erano infondati, ma venivano costantemente rafforzati da discorsi sull’egemonia Cattolica (o Papale) e gossip di colloqui segreti fra gli inglesi e l’IRA per cacciare i Protestanti dal Regno Unito. I loro privilegi e i loro soldi sarebbero stati loro tolti una volta che avessero vissuto sotto “il cielo grigio di Dublino”.
Di nuovo, i paragoni non vanno intesi troppo letteralmente, ma se fossero vivi oggi i Faulknerites potrebbero vagamente ricordare il trio Jacob Rees-Moggs, o i Boris Johnson, o i Michael Goves… forse addirittura le Theresa May.
Gli unionisti ufficiali si basavano sul vecchio motto Protestante “No Surrender [Nessuna resa, NdT], esattamente come i Tories ripetono “Brexit significa Brexit” o “Leave significa Leave”. I politici Protestanti degli anni ’70 e i Tories pro-Brexit di oggi hanno un altro comune denominatore: la paura del “tradimento” e la costante assicurazione di star parlando in nome “del popolo del Nord Irlanda” o “del popolo della Gran Bretagna”.
In effetti, un membro estremamente chiassoso del lato unionista dell’ultimo Parlamento nordirlandese, una donna di nome Jean Coulter, in risposta ad un qualche contentino legislativo ai Cattolici un giorno si mise ad urlare nella Camera dei Deputati: “C’è più maggioranza che minoranza!”. Esattamente il grido di un qualunque pro-Brexit da dopo il risultato del referendum.
Al di sotto dei Faulknerites, l’unionismo – o Protestantesimo – aveva sostenitori più oscuri: Ian Paisley era uno di questi; un altro era William Craig, un ex Ministro dell’Interno a Belfast. Craig scatenò il Vanguard Party [movimento di massa, NdR] contro Faulkner, che lui vedeva come traditore per essersi “venduto” ai britannici accettando la dissoluzione del governo Protestante di Stormont in favore del governo diretto da Westminster. Era un agitatore. Insultava i suoi avversari politici; arrivava all’abuso nei confronti dei politici più costituzionalisti; voleva essere visto come un compagno del Protestante ordinario, anche se lui stesso arrivava da una famiglia di ceto medio. Lanciava avvertimenti su cosa sarebbe potuto succedere se si fosse spinto il popolo “troppo in là”. Indirettamente, parlava di guerra civile.
Non era dissimile da Nigel Farage, anche lui di ceto medio, la cui ex leadership dell’Ukip spaventò i Tories tanto quanto il Vanguard di Craig e il Democratic Unionist Party di Ian Paisley spaventava gli unionisti ufficiali di Faulkner negli anni ’70.
Ora, comunque, ogni parallelismo decade. Almeno per ora. Perché Paisley era un bullo settario anti-Cattolico che incoraggiava i militanti Protestanti, e Craig si trasformò nell’inquietante leader politico di quelle decine di migliaia di uomini dell’UDA dalla divisa marrone, molti dei quali si macchiarono dei più orribili crimini settari mai commessi in Nord Irlanda.
Farage non ha nessuna milizia, e nemmeno i pro-Brexit meno misurati come Tommy Robinson.
Tuttavia, ho visto le immagini dei sostenitori della Brexit che urlavano insulti ai membri del Parlamento fuori dall’edificio, e i teppistelli che sventolavano la Union Jack e circondavano i giornalisti a Whitehall. No, non erano fascisti, ma erano molto scontenti. L’Irlanda del Nord è uno spettro che vaga; la descrizione della marcia dei pro-Brexit come il “Cromwell’s Army”, per esempio, o il nome English Defence League che non è così lontano da Ulster Defence Association. Le lettere anonime contenenti minacce di morte che l’UDA mandava ai politici a Belfast hanno molto in comune con le moderne minacce di morte inviate via social media ai membri del Parlamento contrari alla Brexit.
Le teste calde in Nord Irlanda avevano perfino i loro loschi finanziatori, e non siamo ancora riusciti a scoprire la provenienza di quel denaro.
Non è la natura della violenza che voglio ricordare qui. Anche l’IRA ammazzò dei politici: Ian Gov nel 1990 e Aitey Neave.
Jo Cox – anche se tendo a vedere il suo omicidio come un deliberato omicidio politico di destra e non l’opera di uno squilibrato – è finora stata l’unica vittima di omicidio della campagna pro-Brexit pre-referendum.
La storia che si ripete qui non sembra una netta spiegazione.
Ma ciò che noto è il modo in cui i livelli del Conservatorismo pro-Brexit stanno iniziando ad assomigliare al vecchio predominio Protestante in Nord Irlanda: gli inglesi benestanti in cima, i loschi e provocatori pro-Brexit a metà della scala gerarchica che temono e che preferiscono non turbare, e i teppisti anti-immigrazione che non sono stati condannati da neanche uno dei loro maestri politici. Dopotutto, nessuno dei pro-Brexit dei primi due livelli vuole che i pro-Brexit della linea dura si arrabbino.
Vorrei solo lanciare un avvertimento: queste persone si sentiranno fortemente furiose e tradite se una soft Brexit o un secondo referendum dovessero verificarsi, e questo dovrebbe preoccupare decisamente i membri del Parlamento nei prossimi giorni. E poi ci sono tutti i giornali, con i loro articoli sulle forze di sicurezza pronte ad un’esplosione di violenza post-Brexit. O post-non-Brexit. Sono quasi uguali ai reports che leggevamo da Belfast nel 1974. Che il cielo mi perdoni, qualcuno di quelli potrei averlo scritto io.
Vivevamo così a Belfast 45 anni fa, anche quando potevamo dimenticarci dell’IRA. I politici costituzionalisti cavalcarono la tigre… finché quella non li divorò. Per il cuore di un unionista Protestante, l’Ulster era più importante della Gran Bretagna, esattamente come il cuore del Tory Party è – e lo è da decenni – più importante della Gran Bretagna.
E ora i discendenti di quei Protestanti – questi super-lealisti che Theresa May ha cercato di corrompere – non rappresentando la popolazione del Nord Irlanda, esattamente come nel 1970, prendono a morsi il nostro povero Primo Ministro, insieme ai suoi dubbi amici pro-Brexit.
Che ironia! E che lezioni dal passato!
Tratto da Counterpunch