ESCLUSIVA. STEPHEN MURNEY “NESSUNO MI AVEVA PREPARATO AL RANCORE DEI CARCERIERI”

Biografia
Stephen Murney è un attivista politico di 30 anni. Come membro attivo del partito repubblicano e socialista, éirígí, ha personalmente denunciato in molte occasioni le azioni della PSNI nell’area di Newry, dove vive e lavora. In particolare, Stephen ha riportato di essere stato ripetutamente vittima della politica di stop-and-search, pratica molto diffusa in Nord Irlanda per ‘monitorare, umiliare e demoralizzare i repubblicani irlandesi e gli oppositori di Stato nel Nord’.
Il 28 novembre 2012, Murney è stato arrestato dalla polizia che lo ha detenuto al centro di Antrim dove ha dovuto sostenere diversi interrogatori.
Il 1 dicembre, l’attivista è stato portato nella prigione di Maghaberry dove resterà per 14 mesi. Una volta formalizzate le accuse, Murney ha sostenuto un lungo processo che inizialmente verteva su tre diverse accuse:
- Raccolta di informazioni ad uso e consumo dei terroristi (IRA).
- Distribuzione di informazioni ad uso e consumo dei terroristi.
- Possesso di articoli d’uso di terroristi.
Le prime due accuse si riferivano alle numerose foto di commemorazioni politiche, proteste ed incontri ai quali Murney aveva partecipato con molti altri compagni. Queste foto erano testimonianze raccolte dall’imputato per evidenziare e diffondere le molestie a cui erano sottoposti i cittadini di Newry da parte delle locali forze di polizia.
La terza accusa faceva riferimento invece ad alcuni ‘oggetti sospetti’ trovati a casa di Murney. In particolare la polizia ha puntato il dito contro alcuni vestiti e due armi giocattolo che potevano essere all’occorrenza utilizzate dalle formazioni terroristiche nordirlandese. In seguito numerose testimonianze riconosceranno i vestiti come parte di un uniforme per le sfilate di una banda repubblicana locale, alla quale Stephen Murney aveva partecipato in molte occasioni.
La detenzione, illegale e frutto di una polizia politicizzata secondo i repubblicani, ha portato ad un’imponente mobilitazione sui social media (la pagina Free Stephen Murney è riuscita a raggiungere migliaia di contatti in pochi giorni) e a numerose proteste per le strade irlandesi.
Dopo 14 mesi in prigione aspettando per il verdetto (secondo i termini dell’internamento cautelare (interment by remand), Stephen Murney è stato dichiarato innocente e immediatamente liberato.
Appena uscito dal carcere ha detto: ‘La mia reclusione per 14 mesi è stata una diretta conseguenza delle mie opinioni politiche e della mia appartenenza ad eirigi, una partito politico aperto e legittimo’.
Intervista
F.B. Innanzitutto, come ti senti dopo 14 mesi di detenzione?
S.M. Se devo essere sincero, l’impatto è stato maggiore per la mia famiglia che non per il sottoscritto. La mia compagna è stata lasciata sola a casa con tre bambini da tirare su. Mio figlio minore, che aveva 6 anni al tempo dell’arresto, era visibilmente sconvolto e terrorizzato quando il personale della PSNI, pesantemente armato, ha fracassato la porta della nostra casa alle 6 del mattino, mi ha ammanettato e portato via. Episodi come questi possono essere davvero traumatici per qualsiasi bambino.
In più, nonostante fossero comunque sicuri dell’inconsistenza delle accuse della PSNI, la mia compagna, i miei genitori e il resto della mia famiglia non sapevano per quanto mi avrebbero potuto trattenere. Questo banale fatto da solo ha causato loro molto stress psicologico.
Per quanto riguarda gli effetti su di me, tutto ciò mi ha aiutato molto per conoscere la lotta repubblicana all’interno del carcere e cosa comporta la prigione per la vita dei repubblicani, soprattutto affrontando un regime restrittivo ed oppressivo come quello in atto a Maghaberry.
F.B. Partiamo dall’inizio. La PSNI ti ha arrestato con tre diverse accuse alle quali saranno poi aggiunte altre. In poche parole sei stato accusato di ‘passare’ informazioni ai ‘terroristi’, ovvero all’IRA. Consideri tutto ciò come un semplice errore o una vera e propria persecuzione giudiziaria?
S.M. Sono stato inizialmente accusato di quella che la PSNI chiama ‘raccolta e distribuzione di informazioni ad uso dei terroristi e di avere articoli ad uso dei terroristi’. Vale la pena sottolineare che queste fotografie erano quelle venivano usate per i comunicati stampa del partito ai media [Murney ricopriva il ruolo di responsabile della comunicazione all’interno di éirígí, ndr].
Il 20 febbraio 2013, la PSNI mi ha trasferito da Maghaberry per portarmi nuovamente al centro detenzione di Antrim per ulteriori ‘interrogatori’. Il giorno seguente lo Stato Britannico ha confezionato accuse aggiuntive contro me, in una mossa da molti considerata come un tentativo di rafforzare un caso palesemente debole.
Le nuove accuse includevano quella di ‘possesso di articoli per terrorismo’ e ‘favoreggiamento e istigazione al danno criminale ad immobili di terzi’. La prima accusa era relativa ad una sola fotografia, presumibilmente recuperata dal mio computer, per la quale ero già stato messo sotto accusa. La seconda invece concerneva il possesso di alcuni stencil politici.
Io e il mio team legale abbiamo fin da subito chiarito che non c’era nulla da cui difendersi, che ero innocente e che avevo già trascorso 14 mesi in prigione per quello che il ‘sistema giudiziario’ britannico chiamerebbe ‘un giusto processo’.
La detenzione preventiva (internment by remand) è semplicemente la forma più sottile e insidiosa di detenzione. Non è una nuova invenzione visto che è stata introdotta come parte di una strategia pianificata già dalla fine degli anni 70’. La Gran Bretagna la rivendicherebbe come parte di un legittimo processo giudiziario – cosa che non è la detenzione senza processo – dove le persone affrontano accuse, comparizioni in tribunale e la possibilità di una condanna in un processo da tenersi in un lontano futuro. Inoltre, visto che la strategia basata sull’internment by remand coinvolge anche pubblici ministeri, magistratura e sistema legale in senso più ampio, la Gran Bretagna ribatte alle critiche del sistema e risponde alla comprensibile disapprovazione [dell’opinione pubblica, ndr] rivendicando che ‘un giusto processo deve fare il suo corso’.
Che, ovviamente, rimane un’illusione.
F.B. Stephen, probabilmente avevi già visitato Maghaberry nel tuo ruolo di attivista politico già prima dell’incarcerazione. Ma qual è stata la tua prima impressione quando ti hanno trasferito dentro al carcere, come prigioniero?
S.M. Prima di essere imprigionato ho preso parte a campagne per difendere i diritti umani dei prigionieri politici e questo ha comportato la visita ad alcuni di loro presso Maghaberry. Davvero non immaginavo che sarei finito tra loro a Maghaberry come prigioniero politico, proprio a causa del mio attivismo.
Quando sono entrato nell’ala repubblicana, la Roe 4, la prima cosa che mi ha sorpreso è stata l’odore. Mi ha colpito come se fossi andato a sbattere contro un muro di mattoni. Solo due settimane prima, i prigionieri repubblicani avevano messo fine ad una ‘dirty protest’ che durava da 18 mesi. Al momento di entrare nella mia cella per la prima volta, c’erano ancora escrementi umani della protesta sui muri e questo molti mesi prima che l’amministrazione carceraria decidesse di pulirli.
Spesso mi erano giunte all’orecchio racconti di cosa fosse la Roe House, ma nessuno mi aveva preparato al rancore dei carcerieri e al regime restrittivo che era in atto. Il controllo dei movimenti rimane tutt’ora in vigore. All’epoca era permesso di uscire sul pianerottolo ad un solo prigioniero per volta. Se avevi bisogno di farti una doccia, numerosi carcerieri ti scortavano alla stanza docce. Lo stesso accadeva se dovevi andare verso la lavanderia oppure tornare dentro alla tua cella.
Poi c’era l’isolamento nel quale erano costretti alcuni prigionieri repubblicani presi di mira e messi in completa solitudine. Essere in isolamento significa non avere contatti con nessun altro prigioniero e rimanere chiusi 23 ore al giorno. Gavin Coyle è tenuto in isolamento da diversi anni e tutto ciò non è altro che una forma di tortura psicologica [Coyle è un altro prigioniero, arrestato nel 2011 e condannato a 10 anni, ndr]. E ovviamente le perquisizioni corporali per i prigionieri repubblicani sono ancora usate, nonostante i progressi tecnologici.
F.B. Long Kesh e Maghaberry. Passato e presente. Pensi davvero che le condizioni carcerarie a Maghaberry siano così drammatiche come quelle che erano a Long Kesh? Potresti descrivere una giornata tipo all’interno delle mura di Maghaberry?
S.M. La giornata tipo inizia alzandosi alle sette del mattino al suono dei campanelli di allarme. Questo solo dopo una notte insonne a causa dei secondini che colpiscono e calciano la porta della tua cella, tolgono lo sportello che copre lo spioncino, ti puntano addosso il fascio di luce di una torcia per poi richiudere violentemente lo spioncino. Questo accade durante tutta la notte e non c’è modo di dormire molto.
Le porte della cella si aprono verso le 8,15, una alla volta (solo a 3 persone per volta è permesso stare sul pianerottolo nei tempi concessi e, a volte, solamente ad un singolo prigioniero) e ci dirigiamo allora verso la sala comune nella quale sarai chiuso dentro. Fondamentalmente invece di essere rinchiuso nella tua cella tutto il giorno, rimani chiuso in una stanza più grande tutto il giorno.
Se per caso vuoi tornare alla tua cella ecco che torna il controllo dei movimenti. Si deve premere un pulsante per lasciare che i secondini ti lascino uscire dalla sala. A quel punto ti avvicini alla porta e resti in attesa tra le inferriate.
Quando i carcerieri alla fine ti aprono le inferriate devi sostare sul pianerottolo. Fino a 3 secondini ti scortano poi alla tua cella. Se resti dentro alla tua cella, la porta è sbattuta dietro di te e richiusa. Se invece sei lì semplicemente per prendere qualcosa – come un giornale o altro – allora le guardie restano sulla soglia e ti guardano, dopodiché si deve tornare indietro facendo il processo inverso fino alla mensa dove vieni rinchiuso di nuovo.
Devi fare lo stesso processo in caso tu voglia andare a fare la doccia o recarti alla lavanderia. E’ davvero restrittivo e inutile.
Anche se [Maghaberry, ndr] non è Long Kesh ci sono somiglianze.
Mentre ero internato a Maghaberry, ho letto un libro chiamato ‘Hard Time’ di Raymond Murray che parlava delle prigioni femminili dell’epoca. C’era una pagina sulle perquisizioni corporali e sui controllo dei movimenti e le somiglianze erano scioccanti.
Riporto un breve estratto dal libro:
‘I secondini uomini in tenuta anti-sommossa con manganelli e scudi stavano davanti… i prigionieri venivano afferrati e trascinati sul pavimento; le loro facce schiacchiate al suolo così saldamente da non potere più guardarsi attorno e le bocche tappate per soffocare le loro grida. A quel punto venivano spogliate.’
Qualsiasi prigioniero repubblicano che è stato a Maghaberry in tempi recenti può immedesimarsi in questa descrizione delle perquisizioni corporali forzate, anche se il racconto si riferisce ad accadimenti vecchi di decenni.
Similarmente nello stesso libro c’è una descrizione del controllo di movimenti a cui le prigioniere repubblicane erano soggette:
‘C’erano severe limitazioni sul movimento. Una volta che le prigioniere abbandonavano le loro celle e l’area dei bagni per entrare nell’area comune e della cucina erano tagliate fuori da un’inferriata e non potevano rientrare. Così per la ricreazione esterna nel cortile, la scelta era restare in cella o restare all’esterno qualsiasi tempo ci fosse’
Tenete in mente che queste sono descrizioni delle condizioni a metà degli anni 80’.
E’ impressionante la somiglianza tra le perquisizioni e il controllo dei movimenti di decenni fa e il regime in atto oggi.
Questo mostra quanto poco sia disposta l’amministrazione carceraria ad andare oltre per contribuire a creare un ambiente libero da conflitti che i prigionieri repubblicani immaginano.
F.B. Una cosa che mi ha molto colpito leggendo la drammatica descrizione che hai fornito delle strip-searches a Maghaberry (stralci della descrizione riportati in calce all’intervista, ndr) è l’assoluta inutilità delle perquisizioni. Come sei riuscito a mantenere le tue convinzioni politiche in un luogo così oppressivo e umiliante?
S.M. Le perquisizioni corporali complete su prigionieri repubblicani sono state effettuate per decenni, mi ricordo perfino quando da bambino presi parte ad una grande raduno di protesta ed esibivo un poster che chiedeva la fine delle strip-searches per le prigioniere repubblicane dell’epoca a Maghaberry.
Oggi poco è cambiato nonostante gli avanzamenti in campo tecnologico. Le perquisizioni forzate che hanno luogo a Maghaberry sono ancora oggi brutali, umilianti e davvero degradanti.
Sono stato forzatamente spogliato tra le 20 e le 30 volte durante la mia detenzione ed altri prigionieri repubblicani le hanno subite molte altre volte. La tecnologia, la sedia BOSS, che si trova all’interno della prigione, potrebbe mettere fine a questa pratica draconiana, ma l’amministrazione carceraria non la userà sui prigionieri che entrano o lasciano la prigione per i loro scopi di vendetta.
[La sedia BOSS, ovvero Body Orifice Security Scanner, cui fa riferimento Murney è una moderna macchina per trovare oggetti sospetti, metallici e non, eventualmente nascosti all’interno dei corpi dei prigionieri. Ciò eviterebbe, a detta di molti, le odiate ed invasive perquisizioni che spesso comportano ispezioni anali/vaginali, ndr]
F.B. Ho notato che hai costruito importanti rapporti umani mentre eri in prigione. Qual è il rapporto che si instaura tra prigionieri a Maghaberry? Potresti parlarci dell’importanza di intrattenere rapporti di solidarietà tra prigionieri politici?
S.M. Mi sono fatto molti buoni amici mentre mi trovavo a Maghaberry, alcuni di loro li conoscevo fin da prima per aver preso parte alle campagne in loro supporto. Il cameratismo e il morale tra gli uomini è alto nonostante le condizioni che si trovano ad affrontare. Ho lasciato Maghaberry sapendo di aver stretto, quello che saranno, amicizie che dureranno tutta la vita. E’ importante che la gente mostri solidarietà e appoggio ai prigionieri repubblicani, anche semplici gesti come mandare una lettera o un biglietto possono fare la differenza per loro.
F.B. Dopo il tuo arresto, la mobilitazione del movimento repubblicano è stata repentina ed ha diffuso consapevolezza tra l’opinione pubblica sul tuo caso e su casi simili al tuo. Quanto è stata importante la pressione nella decisione di renderti la libertà?
S.M. La conseguenza maggiore della mobilitazione esterna è la creazione di una coscienza su quello che accade.
I partiti nazional-costituzionalisti [ovvero quelli che abbracciano la causa nazionalista escludendo il ricordo a forme più energiche di quelle parlamentari, ndr] cercano di raffigurare le Sei Contee come una ‘società normale’ che in realtà è lontana dall’essere normale. Molte delle vecchie ingiustizie repressive rimangono compresi l’internamento, la polizia politicizzata, le Diplock Courts [corti senza giuria, NdA] e le continue attività militari dell’esercito britannico e dell’MI5 ancora in corso.
E’ importante per il popolo svelare la realtà di cosa sta avvenendo nel Nord.
F.B. Se tu potessi recapitare un messaggio all’agente dell’MI5 o dell’establishment britannico che ha diretto il tuo arresto, cosa gli diresti?
S.M. Le agenzie governative responsabili del mio arresto e detenzione sono le stesse che hanno provato a spezzare la risolutezza e la determinazione dei repubblicani per decenni usando questi mezzi e metodi. Hanno fallito nel passato e falliranno oggi.
F.B. Hai preso molte volte posizione contro la pratica dello stop-and-search da parte della PSNI. Credi che questo sistema aiuti in qualche modo la sicurezza o davvero serve solo ad evidenziare l’ancora evidente natura politica delle forze di polizia nel Nord?
S.M. I poteri di stop-and-search funzionano come un’intelligence di basso livello, come una ‘rete a strascico’ per raccogliere informazioni e per intimidire e molestare. Quando la PSNI prende di mira la gente usando questi poteri lo fa esclusivamente per le loro convinzioni politiche e questo è semplicemente il sintomo di una polizia politica che fa ancora parte del sistema britannico di sicurezza nelle Sei Contee.
F.B. Il partito che rappresenti, éirígí, ha spesso posizioni ambigue nei confronti della lotta armata. Qual è la tua personale opinione sul tema?
S.M. Come partito, éirígí è ben lontana dall’essere ambigua sul tema della lotta armata e questo è stato ripetutamente messo nero su bianco. Abbiamo bisogno, io credo, di essere onesti sulle condizioni in cui versa il repubblicanesimo oggi. La lotta repubblicana si presenta, al momento, fratturata e molto indebolita. Questo non si può negare. Da quando éirígí è stata formata, diverse volte abbiamo reso la nostra posizione chiara e abbiamo fornito la nostra ricetta sulla via da seguire.
La descrizione delle strip-search di Stephen Murney
“ (…) a quel punto ho fatto sapere che non avrei assecondato la strip-search in quanto degradante e umiliante per i prigionieri. Sono stato preso, messo in una ‘cella di detenzione’ e informato di avere 15 minuti per ritrattare la mia decisione. Questo ‘periodo di riflessione’ è progettato solo come uno stratagemma per incutere paura e preoccupazione nei prigionieri mentre attendono quello che aspetta loro.
(…) i secondini che mi stanno davanti mi afferrano per la faccia con entrambe le mani mentre, contemporaneamente, i due che mi stanno di fianco mi prendono le braccia e le allungano completamente, obbligandomi a tenere la posizione del crocifisso.
Entrambi i miei polsi sono forzatamente girati e ripiegati all’indietro, causando estremo dolore e disagio. Mi fanno inginocchiare. Mentre il secondino davanti a me mi preme la faccia sul pavimento, quello dietro mi tira le gambe da sotto di me. Mi ritrovo così tenuto a terra ancora nella posizione del crocifisso da 4 carcerieri. Sono obbligato a restare giù con il viso premuto contro il pavimento. Entrambe le gambe sono tenute da due guardie.
Le braccia sono ancora distese con entrambi i polsi girati e piegati in una posizione quasi impossibile da tenere. Mentre mi trovo in questa posizione, il maglione che indosso viene forzatamente tolto e gettato in un angolo, come pure le mie scarpe e calzini, i jeans mi vengono tirati giù con una forza tale che è palesemente solo un modo per infliggere dolore al prigioniero.
Alla fine anche le mie mutande vengono abbassate. Giaccio adesso sul pavimento completamente nudo, umiliato e degradato. I miei vestiti sono in un angolo della cella. Mi martella la faccia, mi fanno male i polsi e, mentre sono lì disteso e nudo, i responsabili torreggiano davanti a me.
La squadra anti-sommossa allora inizia ad abbandonare la cella uno per volta. Sono ancora disteso nudo sul pavimento e mi ordinano di non guardarli ne di alzarsi prima che abbiano lasciato la cella. Ci si potrebbe chiedere di cosa abbiano paura da un solitario, nudo e indifeso prigioniero. (…) “
Per la versione completa in lingua inglese: éirígí
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