MOLONEY: “DOLOURS PRICE NON HA MAI PARLATO DI JEAN McCONVILLE”

Ed Moloney, curatore del Belfast Project insieme ad Anthony McIntyre, fa chiarezza una volta per tutte sul caso di Jean McConville, il più eclatante tra i Disappeared, dopo il polverone sollevato dalle dichiarazioni di Dolours Price

Traduzione a cura di Elena Chiorino

È ormai risaputo che la PSNI, come parte dell’indagine sulla sparizione e morte di Jean McConville, sta tentando, tramite subpoena, di appropriarsi delle interviste del Belfast Project, parte dell’archivio di storia orale del Boston College. Tra le altre, le interviste rilasciate da Dolours Price, ex attivista dell’IRA di Belfast.

Il dott. Anthony McIntyre, ricercatore sull’IRA, e io combattiamo da allora perché le subpoena vengano rifiutate dai tribunali su entrambe le sponde dell’Atlantico, per proteggere la confidenzialità e sicurezza degli intervistati e del dott. McIntyre e per salvaguardare i diritti del Primo Emendamento negli USA.

Dallo scorso weekend, due resoconti, uno pubblicato dal britannico Sunday Telegraph e l’altro dalla rete televisiva CBS hanno suggerito o sottinteso che le confessioni di Dolours Price sul caso McConville fossero presenti anche nelle sue interviste per il Belfast Project. È stato a causa di voci simili che due anni fa iniziò la saga delle subpoena del Boston College.

I rapporti del Sunday Telegraph e della CBS sono in conflitto e in contraddizione con la mia deposizione di fronte alla Belfast High Court, nella quale dichiaravo che il caso McConville non veniva nominato in quelle interviste. Voglio ora metterlo nuovamente in chiaro con questa dichiarazione pubblica, e archiviare questa questione una volta per tutte.

Durante questa logorante e gravosa battaglia giuridica e politica, la mia priorità è sempre stata quella di salvaguardare la riservatezza e gli interessi di coloro che hanno partecipato al progetto. Questa rimane la mia priorità. Ma ho anche la responsabilità di chiarire e correggere gli errori quando si verificano.

Sono ormai trascorsi diversi anni da quando Dolours Price è stata intervistata come parte del Belfast Project del Boston College, e in questi ultimi anni la sua salute si è deteriorata in modo piuttosto allarmante. Senza soffermarsi sui particolari più dolorosi, che sono ben noti a chi conosce la sua storia e che sono stati pubblicati altrove, ci pare evidente che la sua comprensione degli eventi passati si è deteriorata in proporzione a quanto subisce suggestioni esterne.

È nostra convinzione che siano stati questi fattori a portate, nel 2011, alle subpoena. Un articolo di giornale nel febbraio 2010 riportava la stessa – errata – congettura che è comparsa questa settimana sul Sunday Telegraph e su CBS, ovvero che le interviste del Belfast Project rilasciate da Dolours Price riguardassero anche il caso McConville. La prima volta si è giunti direttamente ai mandati di comparizione, ora sono apparentemente giustificati. Ma entrambi i rapporti sono sbagliati.

Quindi lasciate che ancora una volta metta in chiaro la questione con tutta la forza e determinazione che riesca a raccogliere: Dolours nelle sue interviste non ha citato Jean McConville, né ha parlato di ciò che le è successo.

Permettetemi di chiarire un altro paio di punti. Il clamore che ha seguito le recenti notizie diffuse dai media dimostra che l’allarme che avevamo lanciato all’inizio di questa vicenda – ovvero che queste subpoena, se non fermate, avrebbero potuto avere il potenziale per mandare in crisi il processo di pace in Irlanda del Nord – era ben fondato. Alcuni allora ci diedero degli allarmisti, ma dubito che ora siano ancora della stessa opinione.

Le richieste di arresti o dimissioni che si sono susseguite questa settimana hanno il potere di mettere seriamente a rischio la condivisione dei poteri di Belfast, come chiunque abbia familiarità con la politica nordirlandese sa molto bene. Hanno anche il potenziale di accrescere in modo significativo la minaccia alla vita di coloro che hanno preso parte al progetto, non da ultimo il curatore, il dottor Anthony McIntyre.

Che tutto questo sta accadendo è la conseguenza diretta del fatto che i leader politici abbiano fallito nell’affrontare il passato in modo onesto e senza sentimenti di vendetta, nel rispondere alle esigenze delle vittime in un modo che non metta in pericolo il futuro. La necessità di rimediare a quel fallimento è ormai urgente.

I resoconti dei media di questa settimana dimostrano inoltre che, se la PSNI vuole indagare in questo campo, esistono molte altre strade che è possibile intraprendere evitando di saccheggiare l’archivio del Boston College, di violare i diritti amercani del Primo Emendamento e di mettere la vita del dott. McIntyre e della sua famiglia in pericolo. L’archivio del Belfast Project può e deve rimanere riservato, senza pregiudicare in alcun modo le indagini delle forze dell’ordine.

E oltretutto, appare evidente dai recenti resoconti dei media che Jean McConville sia stata portata nella Repubblica d’Irlanda dall’IRA e, dal momento che i suoi resti furono riportati alla luce a sud del confine, si può ragionevolmente presumere che sia stata uccisa lì. Perché allora le autorità della Repubblica d’Irlanda lasciano carta bianca alla PSNI su un’indagine sulla quale avrebbero giurisdizione? Forse è una domanda che a questo punto andrebbe rivolta al governo di Dublino?

Ed Moloney

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