SUPERGRASS TRIAL. STEWART: “È VERO, ERO UNA BRUTTA PERSONA”
Rispondendo all’avvocato della difesa, che ha concluso il controinterrogatorio durato quattro udienze, il supertestimone dell’UVF ha ammesso di essere stato “una brutta persona”, e ha aggiunto in seguito: “Talvolta sono stato come un uovo marcio, ma non corrotto fino in fondo”.
di Elena Chiorino
Interrogato sulle motivazioni che lo hanno spinto a collaborare con la polizia, ha negato che si sia trattato di una scappatoia per sfuggire all’UVF e ha ancora una volta ribadito che “non vi ha tratto alcun guadagno”, spiegando che il punto di svolta nella sua vita “dopo essere stato un terrorista per quattordici anni” è rappresentato dalla notte in cui English è stato ucciso: Stewart ha raccontato che stava tenendo in ostaggio un tassista quando ha sentito “la sirena di un’ambulanza che sfrecciava nella notte”.
Nel corso dell’udienza, ha inoltre ammesso di “non ricordare con chiarezza i dettagli dei pestaggi punitivi dell’UVF” e di aver inserito nella sua testimonianza riguardo ad un pestaggio il nome di uno degli accusati che invece in quel momento si trovava in carcere: l’oggetto dell’errore è il quarantaquattrenne John Bond.
Intanto, nuovi dettagli del giorno dell’omicidio di English sono emersi dalle prove presentate da Barry Macdonald, un secondo avvocato difensore: la polizia ha visto il suo cliente David “Reggie” Miller uscire dal Mount Vernon estate e rientrarvi dieci minuti dopo, mentre secondo la testimonianza di Stewart Miller si trovava in quel momento nel New Mossley estate ad aiutare nella pianificazione dell’omicidio.
L’avvocato difensore O’Donoghue, che lo ha sottoposto ad un controinterrogatorio durato più di una settimana, ha definito la sua testimonianza “piena di inconciliabili contraddizioni e di autentiche bugie”, ma Stewart ha nuovamente respinto le accuse.