BRENDAN LILLIS, “TROPPO MALATO PER PRESENZIARE AL SUO PROCESSO, NON ABBASTANZA PER ESSERE RILASCIATO”
Brendan Lillis, pows repubblicano detenuto nella Roe House di Maghaberry, in gravissime condizioni
traduzione a cura di Elena Chiorino
Brendan Lillis è un ex prigioniero politico repubblicano; condannato all’ergastolo per coinvolgimento in azioni violente durante il conflitto politico in Irlanda del Nord, scontò sedici anni per possesso di esplosivi e armi per poi essere rilasciato su licenza nel 1992. Durante gli anni di detenzione, prese parte alle più importanti proteste contro la politica di criminalizzazione del governo britannico.
Oggi, Brendan è detenuto nella prigione di Maghaberry, con un’accusa che non ha alcun nesso con quelle risalenti agli anni ’70, e che, è certo, non verrà più perseguita. Tuttavia, la sentenza all’ergastolo che aveva ricevuto nel 1977 è tornata in vigore: ciò significa che Brendan è di nuovo un ergastolano, senza altre accuse se non quelle per cui gli era stata concessa la libertà in licenza.
Nel 2009, è apparso in tribunale per un’accusa legata ad una rapina. Poco dopo il suo arresto, il Segretario di Stato britannico ha revocato la sua licenza, condannando Brendan nuovamente all’ergastolo senza che alcuna sentenza fosse stata pronunciata.
Il suo stato di salute, però, è seriamente preoccupante. Brendan soffre di una malattia debilitante, la spondilite artitica anchilosante, che porta ad una curvatura della spina dorsale e ad una produzione eccessiva di massa ossea, e il regime in cui è detenuto può facilmente essere descritto come negazione delle cure mediche. Le sue condizioni sono tanto gravi che è stato considerato incapace di sostenere un processo, e Roisin, la sua partner, ha descritto le difficoltà che la sua malattia pone alla comunicazione fra loro: “Per le prime dieci settimane non ha potuto ricevere visite, perché lui non riusciva a stare seduto in carrozzella e io non avevo il permesso di entrare. […] Non poteva telefonarmi, perché le sue condizioni sono tanto disperate da non permettergli fisicamente di tenere in mano un telefono. Durante quel periodo non sono riuscita nemmeno una volta ad incontrare un dottore del carcere che mi dicesse come stava – un giorno ho telefonato trentasette volte e nessuno è stato disposto a parlarmi. […] Dopo interminabili discussioni con l’amministrazione del carcere mi hanno infine dato il permesso di entrare nella sua cella. […] Poi, finalmente, l’hanno trasferito nell’ala ospedaliera della prigione. […] Attualmente è in condizioni precarie, e se non lo rilasciano in fretta non ho dubbi che morirà presto.”
Quando a Roisin è stato finalmente permesso di vedere Brendan, è rimasta scioccata dal suo stato di salute. “Semplicemente, sembrava stesse morendo, ed è tuttora così.” In seguito, ha dichiarato: “È ricoverato nell’ala ospedaliera del carcere da quattordici mesi, e avrebbe il diritto ad una seduta quotidiana di fisioterapia per fermare il propagarsi della malattia, ma è fortunato se riesce ad ottenerne una alla settimana.”
Secondo alcune testimonianze, prima che lo staff carcerario si decidesse a ricoverarlo, Brendan è rimasto a giacere sul pavimento della cella. Durante le sedute in tribunale che lo riguardavano, non si è potuto muovere dal letto.
Pat Sheehan, MLA del Sinn Féin per West Belfast, ex hunger striker dell’IRA ed ex Blanket Man insieme a Lillis, ha recentemente lanciato un appello perché Brendan venga rilasciato, vista la gravità delle sue condizioni, ed ha inoltre attaccato duramente la politica attuata dal governo britannico per cui ex prigionieri politici possono essere tenuti in prigione in seguito alla revoca delle loro licenze. “Ora che è certo che le accuse contro Brendan Lillis non avranno seguito giudiziario, deve essere rilasciato immediatamente”, ha dichiarato, invitando Owen Paterson, Segretario di Stato, e la Life Sentence Review Commission a prendere in considerazione il suo caso senza ulteriori tentennamenti. Gli fa eco un altro MLA del Sin Féin ed ex Blanket Man, Paul Butler: “Ho inviato una richiesta al Ministro della Giustizia e farò del mio meglio perché Brendan venga rilasciato al più presto.”
Alla campagna di opposizione alla detenzione di Brendan Lillis portata avanti dal Sinn Féin si sono uniti l’Irish Republican Socialist Party (IRSP) e il Republican Network for Unity (RNU), entrambi formati in parte da membri che sono stati in passato compagni di prigionia di Lillis. Assicura il suo sostengno anche il gruppo di supporto “The Friends of Brendan Lillis”, che ha iniziato una campagna su Internet e attraverso altri mezzi, e che richiede il suo immediato rilascio su basi umanitarie “perché riceva le appropriate cure mediche che merita”.
È un’abitudine ormai consolidata dal tempo che coloro che hanno il compito di amministrare le carceri dell’Irlanda del Nord abbiano apparentemente l’intenzione di prolungare la miseria. In uno stralcio delle sue chiacchiere, la Life Sentence Unit, per conto del Ministro della Giustizia David Ford, ha dichiarato: “Il Ministro della Giustizia non prende in considerazione l’esistenza di eccezioni che giustifichino il rilascio di Brendan Lillis per compassione.” Troppo malato per presenziare al suo processo, non abbastanza per andare a casa: ogni scusa è buona per continuare la detenzione.
Il Life Sentence Review Board considererà il caso il 22 marzo. Se non agirà secondo principi umanitari, rilasciandolo, Brendan potrebbe vedere in prigione la fine dei suoi giorni. Abbiamo ampia esperienza di questo tratto punitivo e vendicativo del carattere dello stato britannico: nel 1994, condannarono Pol Kinsella, prigioniero repubblicano di Derry, a morire in prigione piuttosto che fra le braccia della famiglia. Suo padre, in seguito, gridò amare accuse, affermando che il figlio ha trovato la morte a Long Kesh a causa di una malattia, ma anche del “trattamento barbaro e del rifiuto delle cure mediche impostogli”.
In nessun regime carcerario che si ammanti della fama di moderno e illuminato dovrebbe trovare posto una pratica tanto insensibile. Brendan Lillis non dovrebbe trovarsi a Maghaberry ma a casa, dove potrebbe godere di un ambiente umano e amorevole, e dove i medici sarebbero professionisti e non secondini in camice bianco.